la Scenografia Digitale di Paolo Freddi |
NON TUTTO E' VIRTUALE
Oggigiorno, i moderni teatri hanno mantenuto in parte la stessa struttura intrinseca dei teatri antichi e anche se le tecnologie costruttive e audio/video possono ora dare un contributo significativo, i motivi di ciò sono facilmente intuibili.
Nei tempi antichi la scenografia era spesso composta dalla sola architettura antistante il palco, ma poteva addirittura trasformarsi, in alcuni teatri, in un mare solcato da navi. Oggi, invece, la parte scenografica è divenuta un elemento importantissimo della rappresentazione, a volte ridotta all'essenziale, come in alcune scuole di pensiero, a volte sfarzosa, multiforme e dinamica.
Le moderne tecnologie naturalmente aiutano in larga misura la realizzazione di tali espressioni poiché di vera e propria espressione artistica ormai si parla. Ma la tecnologia è pur sempre uno strumento, un attrezzo, un materiale modellabile come il legno, la stoffa, il colore che non avrebbe alcun senso e ragion d'essere senza la mano d'un artista a muoverla.
Il computer è l'ultimo, in fatto di tempo, di questi nuovi 'attrezzi' ad aver visto le sue potenzialità messe al servizio della rappresentazione scenica. Grazie al computer non solo un artista musicale è in grado di riprodurre un'intera orchestra o dieci orchestre e mille altri suoni, voci, rumori una volta irriproducibili, ma può addirittura crearne di nuovi, inimmaginabili fino a prima dell'era elettronica.
Grazie al computer anche l'artista visivo adesso ha nelle proprie mani infiniti materiali e infiniti colori per ricreare ciò che il suo immaginario contempla. Si possono quindi ricreare tutte quelle immagini che prima si disegnavano con carta, legno, tela e pennelli oppure ciò che si poteva immortalare solo mediante la fotografia tradizionale avendo ovviamente la necessaria sensibilità per catturare in un momento ciò che lo sguardo attraversa rapido, spesso senza discriminazioni.
Grazie alla grafica tridimensionale e il computer è possibile ricreare interi mondi reali e fantastici in cui gli Attori si possono immergere per fondersi ancora di più nella loro nuova identità.
La computer-grafica è l'ultima frontiera delle tecnologie scenografiche ed è diventata ormai fondamentale anche nella produzione cinematografica. Eppure, nonostante renda praticamente illimitate le possibilità creative, questo non significa che renda il complesso processo creativo più semplice o più rapido da attuare.
Nella maggior parte dei casi, infatti, è esattamente l'opposto. La creazione digitale richiede oltre ad una estesa creatività nelle forme, nei colori, nei concetti, nell'applicazione e addirittura rielaborazione e ideazione delle tecniche elettroniche, anche e soprattutto una grande quantità di capacità tecniche ad alto livello e di una buona dose di pazienza nonché tempo sufficiente per metterle in pratica.
In realtà, creare con strumenti sofisticati di grafica tridimensionale (comunemente ormai detta 3D), è esattamente come costruire manualmente nello spazio e con i materiali adeguati tutto ciò che si sta immaginando. Ricreare graficamente un oggetto tridimensionale relativamente semplice come un bicchiere o un libro, oppure erigere un muro richiede un susseguirsi di fasi i cui minuziosi passaggi non possono essere minimamente sottovalutati.
Provate quindi ad immaginare che cosa comporta creare ambientazioni più complesse come una stanza intera, un bosco o una città. In primis, l'ideazione: avere nella mente già chiara la forma e tutte le geometrie intrinseche che compongono l'oggetto finale, incluse le sue caratteristiche peculiari di superficie e volume. E' importante valutare come l'oggetto interagirà con gli altri, come si muoverà nello spazio che occupa, quale sarà lo scopo della sua esistenza e come queste scelte dinamiche influiranno nella sua forma finale.
L'analisi di queste informazioni può avvenire in pochi secondi
o in lunghi giorni di riflessioni, ma alla fine saranno quelle che
daranno il La per il suo parto.
Nella seconda fase si dovrà poi costruirlo, modellarlo nello spazio
virtuale assegnato esattamente come se lo si costruisse dal vero;
si può farlo con precisione certosina, particolareggiata, oppure
dargli una struttura più semplice, schematica, ma in ogni caso la
conoscenza intrinseca dell'oggetto, come è fatto, i materiali
e le parti che lo compongono, come sono assemblati tra di loro,
come vengono recepiti dall'occhio umano, sono tutti fattori
da considerare.
Nella fase successiva, l'oggetto va posto nello spazio in una composizione organica che deve avere il "suo perché". Come anzidetto, dovrà interagire anche solo a livello di impatto visivo con tutti gli altri oggetti dell'ambiente, pertanto riveste un ruolo molto importante decidere se quell'oggetto si dovrà muovere nello spazio o se sarà protagonista di funzioni che non siano solo compositive...
Dopo che lo spazio è stato composto, illuminato, preparato per esser animato, come si farebbe dal vero in un grande studio cinematografico, il lavoro restante è tutto del software e del computer che dovrà elaborare, in un tempo più o meno lungo e mediante la tecnica cosiddetta del "rendering", l'immagine o la sequenza di fotogrammi che comporranno il video.
Nel creare i contenuti della “Storia Infinita” le difficoltà sono state più creative che tecniche. Il mio timore, nei due anni passati a disegnare, rielaborare e rimaneggiare in continui aggiustamenti le immagini che avrebbero fatto da sfondo agli attori, era principalmente quello di dovermi confrontare con l'immaginario collettivo causato dall'imprinting lasciato dalle fantastiche ambientazioni del film di Wolfgang Petersen. Tuttavia avevo il bisogno di proporre qualcosa di nuovo, sensazionale, mai visto e non snaturasse le immagini da sogno che l'autore, Michael Ende, ha trasposto nelle parole del suo romanzo.
Ad essi si aggiungeva la creativa reinterpretazione dell'autore del libretto teatrale Marco V. Pogliaghi che com'era giusto aveva già dato una propria impronta immaginifica ad ogni momento della narrazione. Eppure io non mi sarei sentito soddisfatto se non avessi prodotto qualcosa che si fosse, anche di poco, distaccato dall'idea che uno spettatore qualsiasi si fosse già fatto o si aspettasse della Storia Infinita.
Ciò ha naturalmente richiesto continui e sfibranti ripensamenti, ricostruzioni, modifiche o revisioni totali nel corso del tempo... la Torre d'Avorio e l'animazione della partenza di Atreyu ed Artax, fino all'ultimo non mi davano che una tenue soddisfazione. Quando poi ho, per l'ennesima volta rielaborato l'intera sequenza, ho finalmente toccato quel livello di soddisfacimento personale che volevo raggiungere e la conferma da parte del pubblico di aver fatto un ottimo lavoro.
Complessivamente l'avvio di questo spettacolo è stato sofferto e faticoso, ma è stato accompagnato di giorno in giorno dai volti ammirati e spesso meravigliati di tutte le persone che lavoravano con noi, dagli attori al resto del cast fino all'autore dell'adattamento teatrale che non mancava mai stimolarmi ed esprimere il proprio entusiasmo e la propria soddisfazione per il lavoro da me svolto.
E questo è stato certamente più grande appagamento che potessi
ricevere per il mio operato.
“… ma questa è un'altra storia
e la si dovrà raccontare un'altra volta”.