Componi il tuo haiku

 

 

Imprigionata -
spoglia nel freddo vento
solitudine.
(Elara)


Anche se può apparire difficile, chiunque può cimentarsi nella stesura di uno haiku. L’importante è comprendere a pieno "lo spirito dello haiku" e calarsi in esso.

In questa pagina desideriamo fornirvi alcuni suggerimenti circa la composizione di questa eccezionale forma lirica.

  • Uno haiku non ha mai titolo;

  • Consiste di 17 sillabe con metrica 5-7-5.
    Un numero di sillabe eccedenti è ammesso solo in rari casi tra i quali l'inclusione, se inevitabile, di un nome proprio (come ad esempio quello di un fiore per dare espressione ad un’atmosfera particolare). Non è mai ammissibile, invece, un numero inferiore di sillabe per ciascun verso.
    Il conteggio delle sillabe in lingua giapponese corrisponde al numero degli onji . La "n" costituisce un "onji" a se stante, mentre a noi potrebbe sembrare chiusura di sillaba.
    Non esistono dittonghi, quindi le vocali accostate sono da considerarsi singoli onji. Le vocali lunghe equivalgono a due onji. Un haiku è quindi costituito metricamente da 17 onji;

  • E' necessario includere il kigo, cioè il riferimento ad una delle quattro stagioni dell’anno. In Giappone esiste lo Saijiki o Antologia delle Quattro Stagioni, che è un dizionario specializzato contenente un elenco completo di tutti i riferimenti stagionali;

  • Lo haiku normalmente può essere composto seguendo due stili differenti: il primo presenta il tema della composizione in un verso, sviluppandolo negli altri due; il secondo presenta due temi che possono essere in armonia o in contrasto.

  • Per il conteggio delle sillabe è utile ricordare che nella Poesia in lingua italiana quando una parola termina con vocale (o dittongo), e la successiva inizia per vocale (o dittongo), le loro sillabe si uniscono in quella che prende il nome di "sinalefe" ovvero una pronuncia monosillabica. Ad esempio, nel verso di Dante Alighieri "E quindi uscimmo a riveder le stelle", la sinalefe viene applicata tra le parole "quindi uscimmo" ed immediatamente dopo ad "uscimmo a". In questo modo un verso altrimenti composto da tredici sillabe può essere considerato endecasillabo.

Tra le molte difficoltà che può incontrare chi legge o scrive haiku, una è senza dubbio creata dalla differenza tra la lingua italiana e quella giapponese. In giapponese, infatti, esistono alcune parole-cesura dette kireji che altro non sono che poche sillabe in grado di creare una pausa, una sospensione che suscita un vuoto nel lettore a livello di percezione estetica. Si tratta di sillabe senza un vero e proprio significato, ma che producono un’attesa oppure annunciano una conclusione.
Trasmettono emozione, quasi come un’interpunzione fonica o una pausa ad effetto.
E’ una battuta d’arresto nel significato, un intervallo molto particolare alla metà o alla fine del verso, sempre nello spirito della musicalità della lingua giapponese:

ad esempio:

kana Usata alla fine del verso, indica un’esclamazione ed un chiaro stacco. Sottolinea la parola precedente e ne indica la centralità nella stesura dello haiku
ya Usata alla fine del verso – molto spesso nel secondo o nel terzo – indica un’esclamazione che rimarca stupore ed ammirazione, nonché a volte dubbio o interrogazione
keri Usata sempre alla fine dello haiku. E’ indice di melanconia.
kamo Usata alla fine del verso.

Il kireji non ha corrispettivo in italiano e non può essere tradotto a livello di significato. Si tratta di un effetto simile ad un eco al quale possiamo dare voce tramite un segno di interpunzione più o meno lungo, come un trattino "-",  rappresentazione della sua espressione.

Un altro punto di osservazione importante per chi vuole comporre haiku è il cosiddetto shōryaku che in italiano potrebbe essere definito come un "salto grammaticale-logico all’interno del verso". In pratica si tratta dell’omissione di termini altrimenti necessari in prosa, al fine di stimolare fantasia e reazione nel lettore.
Come afferma Irene Iarocci nella sua prefazione a "Cento Haiku":

' ' ... Difatti a caratterizzare lo haiku non sono tanto e solo la quantità sillabica o la presenza del kigo, ma piuttosto quel silenzio ellittico, quella concisione all’osso che spezza ogni poemetto come in due parti... ' '

Ku TraslitteratoTraduzione

zakuro ga
kuchi aketa
tawaketa koi da

Ozaki Hōsai

Un frutto di melograno,
bocca aperta che irride
quel mio insulso amore

kare ichigo
ware ichigo
aki fukami kamo

Takahama Kyoshi

Lui – una parola,
io – una parola,
e incalza l’autunno?

 

Negli esempi soprastanti, particolarmente nella traduzione del primo haiku, l'omissione di termini è evidente proprio durante la lettura ed è percepibile tra il primo ed il secondo verso.

Va tenuto altresì in considerazione che il giapponese è una lingua ideografica dove ogni parola è, per così dire, dipinta e già costituisce un simbolo, non ha numeri, generi, né declinazioni, che vengono desunti dal contesto. E' inoltre una lingua molto ricca di omofoni, che offrono infinite possibilità di assonanze ed è una lingua che in poesia non usa la rima.

Da qui le grandi difficoltà che tutti i traduttori hanno dovuto affrontare nella interpretazione di un haiku dalla lingua madre alla nostra. Conseguentemente non sempre la regola 5-7-5 nella traduzione ha potuto essere rispettata ecco perché, nel presentarVi le opere dei differenti autori, abbiamo voluto fornirvi la versione giapponese traslitterata oltre alla traduzione italiana reperita nelle varie fonti della nostra ricerca.

Come fa notare Sono Uchida (Presidente dell’Associazione Internazionale per lo haiku), nel suo testo "haiku":

' ' ... L’italiano sembra molto adatto per gli haiku, perché la quantità di sillabe presente in ogni parola è equivalente al giapponese, così che il volume di informazioni che si può includere in 5-7-5 sillabe è quasi uguale nelle due lingue...' '.

Sempre secondo Uchida: ' ' ... "ya" può essere reso efficacemente sia con la virgola che con il trattino, mentre per "kana" e "keri" può bastare il punto...' '.

 

Quanto detto finora riguarda la "costruzione strutturale" dello haiku, ma la cosa più importante è "cambiare il nostro modo d’essere, il nostro rapporto con il mondo e con noi stessi. Mirando all’essenzialità lo haiku può apparire di facile stesura in quanto immediato, ma non è così.

Come abbiamo detto nella nota introduttiva lo haiku è un "punto d’arrivo" e non "di partenza". Non è un esercizio intellettuale o una mera esibizione di bravura stilistica. Lo haiku è molto di più.
In esso non esistono più soggetto né oggetto. La poesia fa largo al vuoto, dunque, vuoto oggettivo e vuoto soggettivo. E le porte del vuoto vengono aperte dai concetti di:

  • sabi, che per Bashō divenne un termine fondamentale, indice di bellezza della solitudine, della calma e del passato. E’ il tempo che scorre. Il continuo mutamento. Può indicare abbandono o raffinatezza e non può essere tradotto con un unico termine.
    Kyōrai, grande teorico classico di haiku (o haikai), da' del concetto di sabi la seguente definizione: ' ' ...è il colore del verso...' '.
    Meglio non poteva descrivere l’elemento che equilibra lo haiku, conferendogli quell’atmosfera quasi malinconica, mai né troppo cupa né troppo gioviale.

  • wabi, anch’esso un’ideale estetico chiave per i giapponesi, importantissimo nello Zen. Non di facile definizione, sta ad indicare una sensazione di solitudine, una ricchezza spirituale opposta al materialismo, un quiete interiore, nonché la capacità di cogliere l’intima bellezza delle cose semplici e rifuggire da tutto ciò che è forma, apparenza, ostentazione.

I metodi adottati dalle varie scuole attuali per scrivere haiku sono molteplici. Ecco il metodo che noi ti suggeriamo per realizzare i tuoi haiku

  • Leggi attentamente gli haiku de "I Grandi Maestri" per calarti nell'ambito di ciò che significa "haiku";
  • Tieni in considerazione tutte le regole necessarie alla composizione dello haiku;
  • Fissa nella tua mente l’istante che ti ha colpito, la sensazione che hai provato, descrivilo "mentalmente" cercando di ricrearlo a livello emotivo in tutti i minimi particolari, elimina qualsiasi preconcetto circa l'oggetto o il momento che ha determinato questo tuo "intimo incontro". Non renderlo quale semplice descrizione oggettiva o fotografica;
  • Ora prova a trasmettere quanto "percepito" tramite la composizione di una breve poesia, meglio se riesci a scrivere tre soli versi molto brevi;
  • Adesso elimina tutte le parole superflue: ti servono veramente tutti gli aggettivi e gli articoli che hai inserito?
  • Definisci la "stagione" in cui vuoi collocare la tua composizione: cioè inserisci il kigo, il riferimento stagionale che permetterà al lettore di comprendere tale collocazione temporale. Per scegliere il kigo più adatto, prova a scriverne più di uno e poi effettua la tua scelta;
  • Non inserire metafore;
  • Non inserire rime;
  • Cerca la tua "pausa" ed inseriscila;
  • Adesso scrivi il tuo haiku.