Matsuo Bashō
(1644 - 1694)
Il più grande autore di haiku, Matsuo Bashō, il cui vero nome era Jinshiro Munefusa Matsuo, nel XVII separò i primi tre versi iniziali del renga, (hokku o haikai), determinando un componimento a sé stante, completo e definito, che pur nella sua brevità , mantiene intatte sensazioni e sentimenti, espressi con la purezza dellessenzialità. Creò quindi una nuova, impareggiabile forma poetica più tardi nota come haiku.
Nacque a Ueno nella provincia di Iga, da una famiglia di casta samurai. Strinse amicizia con il figlio del signore locale e tale amicizia gli offrì anche la possibilità di iniziare lo studio della poesia sotto la guida del maestro Kitamura Kigin. A seguito della morte dellamico, Bashō decise di abbandonare la carriera di samurai ed iniziò ad intraprendere una vita riservata.
Entrò in un monastero buddista e si trasferì in un secondo tempo a Edo. Da questo momento in poi, la poesia ricoprì unimportanza sempre maggiore nella sua esistenza. Successivamente Bashō, visse come maestro di haikai, aprendo una propria scuola, ed un suo facoltoso allievo gli fornì una piccola casa a Fukagawa, non lontano da Edo. Nel giardino della casa cresceva un banano (bashō in giapponese) e da esso il maestro trasse il proprio pseudonimo.
Iniziò lo studio Buddismo Zen e del taoismo, fatto questo che marchiò indelebilmente tutte le sue composizioni, portandolo alla ricerca di un nuovo stile essenziale, puro e trasparente, mediante ispirazioni più profonde. Nel 1682 un incendio distrusse Edo e da questa data iniziarono le peregrinazioni del maestro per tutto il Paese. Visse in estrema povertà. Bashō iniziò così la sua ricerca dellesperienza diretta uomo-natura, sviluppando uno stile di scrittura che descriveva "lessenza di unimpressione". Tutto era poesia per lui, anzi, la vita stessa era poesia e viceversa.
Un suo discepolo ci ha tramandato questa frase del maestro: "Impara dai pini. Impara dai bambù".
Egli insegnò ai propri discepoli la via per aderire completamente alla realtà che li circondava.
Bashō "Cantò la natura" sempre alla ricerca di unascesi spirituale, traducendo in poesia ed incastonando nei propri versi il "vuoto" che ogni cosa, dalla più piccola alla più grande, portava in sé. La natura di Bashō respira e non ha tempo. Potremmo asserire che Bashō si lascia invadere dalla natura per essere tuttuno con essa.
Ma cosè il "vuoto" che Bashō incastona nei propri versi? Cercheremo di spiegarlo usando, a tal scopo, il più celebrato haiku del Poeta, considerato anche il suo "risveglio" (Satori nella terminologia del Buddismo-Zen, ovvero lacquisizione di una nuova angolazione per addentrarsi e comprendere lessenza delle cose).
furu
ike no Nel
vecchio stagno |
Questo componimento può trarre in inganno per la sua semplicità, ma in realtà determina una svolta importantissima nella scrittura dello haiku, che da questo momento in poi non sarà più lo stesso. Per una tale composizione, lartista deve mettere da parte le proprie capacità di interpretazione. La mente del poeta e ciò che lo circonda divengono ununica cosa.
Il soggetto scompare, lasciando il posto a ciò che sta accadendo. Limmagine è solo presentata. Il poeta lha solo registrata così come lha percepita istantaneamente, trasmettendo direttamente tale percezione alla propria comprensione, senza lintermediazione dellinterpretazione. Nello haiku di Bashō gli eventi sono tre: lo stagno, che è lì, il tuffo della rana ed il rumore dellacqua. Non esiste un evento principale. Sono infatti eventi concatenati che fissano limmagine nella sua completezza e che non potrebbero sussistere luno senza laltro, quindi agiscono tutti allo stesso modo. Siamo quindi in presenza sia di "vuoto" soggettivo che di "vuoto" oggettivo.
Per maggior comprensione, citiamo testualmente quanto riportato da Giangiorgio Pasqualotto (docente di filosofia all'Università di Padova), ne "Lestetica del vuoto" a questo riguardo:
' '... Per avvicinarci a comprendere la presenza e lefficacia del vuoto nello haiku può essere daiuto ricorrere a due espressioni giapponesi "fuga no makoto" e "zoka no makoto" che Izutsu ha tradotto rispettivamente "genuiness of aesthetic creativity" e "genuiness of cosmic creativity", ma che, meno enfaticamente, potrebbero essere rese con "genuinità del gusto" e "genuinità della natura delle cose". Nello haiku di Bashō si verifica lincontro di queste due genuinità, quella soggettiva del poeta e quella oggettiva dellevento. Ciò significa che il soggetto, per poter cogliere ed accogliere la genuinità dellevento si rende vuoto di ogni intenzionalità sia intellettuale che sentimentale, al punto di rendersi equivalente allevento. Allora non si può parlare più di due vuoti (quello del poeta e quello dellevento), ma di un unico vuoto che si determina come poesia e come evento. ...' '
Bashō, come abbiamo detto, studiò e praticò il Buddismo Zen, quindi la sua concezione della natura era quella di una natura vivente secondo il concetto buddista. Il Buddismo Zen insiste sullimportanza dellesperienza immediata, tramite la pratica della meditazione, e seguendo la tradizione buddista, anchesso propone un "vuoto radicale", cioè leliminazione della sostanzialità e permanenza dellIo, degli oggetti, dei pensieri, fino a giungere alleliminazione di tale sostanzialità e permanenza al pensiero del vuoto stesso. Non si tratta di riflessioni o osservazioni, bensì di "testimonianze di esperienze del vuoto". Il risultato della pratica meditativa in questo caso è la purificazione della coscienza.
' '... Paragonando la coscienza o la mente ad uno specchio si potrebbe dire che il vuoto della mente (wu-shin), non corrisponde ad uno specchio rotto o inesistente, ma equivale ad uno specchio perfettamente pulito, senza segni o polveri che intralcino il rispecchiamento delle immagini. Tuttavia lidea stessa di purificazione non può, per il Buddismo Zen, costituire il contenuto della mente, né la forma di oggetto di desiderio, né la forma di dovere da compiere: è necessario infatti "fare il vuoto anche del vuoto", ossia purificarsi anche dellidea di purificazione". (Giangiorgio Pasqualotto Lestetica del vuoto).
Questa frase, ben esemplifica il concetto di vuoto, nozione indispensabile per comprendere la poetica di Bashō.
Altri due concetti importanti, legati al Buddismo Zen, vanno tenuti in considerazione per meglio comprendere larte di Bashō, concetti fondamentali per la stesura e la comprensione dello haiku:
SABI E WABI
Il primo, sabi, è un termine di ideale estetico, già espressione dell’alta poesia di corte di autori medio classici, e che per Bashō divenne un termine fondamentale. Indica la bellezza della solitudine, della calma e del passato. E il tempo che scorre. Il continuo mutamento. Può indicare abbandono o raffinatezza. Non può essere tradotto con un unico termine. Kyōrai, grande teorico classico di haiku (o haikai) dà del concetto di sabi la seguente definizione: "è il colore del verso". Meglio non poteva descrivere lelemento che equilibra lo haiku, conferendogli quellatmosfera quasi malinconica, ma né troppo cupa né troppo gioviale.
Il secondo termine, wabi, è anchesso unideale estetico chiave per i giapponesi, importantissimo nello Zen. Non di facile definizione, sta ad indicare una sensazione di solitudine, una ricchezza spirituale opposta al materialismo, una quiete interiore, nonché la capacità di cogliere lintima bellezza delle cose semplici e rifuggire da tutto ciò che è forma, apparenza, ostentazione.
Wabi e sabi aprono la porta al "vuoto". Ed i diari di viaggio di Bashō, in forma di haiku, danno potenza e dilatano il concetto di sabi.
Bashō morì nel 1694 al termine di un ennesimo pellegrinaggio a causa di febbri contratte durante lo stesso. I suoi resti riposano nei pressi di un monastero buddista presso il lago Biwa.
Alla sua morte poteva contare più di duemila discepoli.
LE OPERE |
Tra le opere più importanti di Bashō annoveriamo:
Fuyu no hi | Giorno
dinverno, 1684 |
Kasshi ginkō | Menestrello itinerante noto come Nozarashi kikō - Diario di viaggio di uno scheletro esposto alle intemperie , 1685 |
Oi no kobumi | Manoscritto
nello zaino, 1688 |
Sarashina kikō | Viaggio
a Sarashina, 1688 |
Arano | Distese
selvagge, 1689 |
Sarumino | Il
mantello della scimmia, 1691 |
Oku no hosomichi | Lo
stretto sentiero verso il profondo nord, 1691 |
PROPOSTA DI LETTURA |
Qui di seguito desideriamo proporvi alcuni haiku di questo grande Poeta.
Ku Traslitterato | Traduzione |
---|---|
kane kiete |
sera: |
hana ni asobu |
passero amico, |
katabirete |
stanchezza: |
kami haete |
stagione delle piogge: |
natsukusa ya |
erba estiva: |
shizukasa ya |
silenzio: |
mugi no ho wo |
separazione- |
bashō nowaki shite |
un banano nel temporale; |
shini mo senu |
sono arrivato fino a qui |
kiyotaki ya |
chiare cascate: |